Sono l'espressione più autentica di un territorio e traducono in aroma e sapore una storia millenaria fatta di tralci e acini: parliamo dei vitigni autoctoni toscani. Materia prima viva, patrimonio culturale e produttivo della regione, da secoli partecipano al racconto di una terra che dei vini ha fatto la propria cifra stilistica. Non si può parlare di Vino Nobile o di Brunello senza menzionare il Prugnolo Gentile o il Sangiovese, ma accanto a queste varietà esiste una compagine di vitigni minori dalle antiche origini che Tenute del Cerro coltiva e custodisce per perpetuare la memoria storica del territorio. Li scopriamo insieme in una passeggiata ideale tra i vigneti: ad accompagnarci è il responsabile agronomico di Tenute del Cerro, Franco Fierli.
Vitigni autoctoni toscani: non solo Prugnolo e Sangiovese
Quella di Tenute del Cerro è una storia che si intreccia indissolubilmente con il territorio e tocca uno dei suoi punti più antichi a Fattoria del Cerro: “L'azienda - spiega Franco Fierli - si estende su una superficie di 600 ettari, di cui 200 coltivati a vigneto. E proprio la dimensione viticola rappresenta uno degli aspetti più appassionanti della storia aziendale, un racconto che parla non solo di vitigni famosi, come il Sangiovese e il Prugnolo Gentile, elementi chiave del Nobile di Montepulciano, ma anche di varietà autoctone minori, tutte a bacca nera, che rappresentano l'impronta storica della vinificazione del territorio".
Non a caso la proprietà ha scelto di diventare il cuore pulsante di una vera e propria riserva varietale che punta a proteggere e valorizzare vitigni antichi di oltre tre secoli. “In origine la composizione dei vigneti che circondano Fattoria del Cerro - racconta Fierli - alternava Prugnolo e Sangiovese, a specialità minori come il Colorino, il Mammolo, il Ciliegiolo, il Pugnitello, il Foglia tonda, l'Abrusco e l'Abrostine.
Alcune varietà nel tempo sono andate perdute perché, meno produttive di altre, sono state sacrificate per valorizzare vitigni che invece garantivano produzioni più abbondanti. Questo approccio ha accompagnato, tra gli anni '60 e '70, il passaggio dalla viticoltura di mezzadria a quella a conduzione diretta: quest'ultima portò a valorizzare maggiormente i vitigni più abbondanti poiché erano in grado di garantire una vinificazione più redditizia.
Gli anni '80 poi, segnarono una rinnovata attenzione alla viticoltura di qualità e alla selezione dei vitigni in base alle loro diverse specificità".
Arriviamo così agli anni '90 quando Fattoria del Cerro, prima di procedere con i lavori di ristrutturazione e razionalizzazione dei vigneti, decide di dare vita a un campo clonale in cui inserire tutti i vitigni minori che crescevano accanto alle piante di Sangiovese e Prugnolo Gentile. Seppur meno abbondanti in termini di produttività, questi vitigni vanno oggi a comporre una piccola percentuale nell'uvaggio del Vino Nobile di Montepulciano, come previsto dal disciplinare.
“L'importanza di queste varietà - sottolinea Fieri - è duplice: non solo contribuiscono a creare la struttura dei vini più famosi come il Nobile o il Brunello, ma rappresentano quella che potremmo definire una capsula del tempo in grado di conservare la biodiversità del territorio, un patrimonio genetico storico che, diversamente, rischierebbe di andare perduto".
Ma c'è di più. Quelli che nel presente vengono considerati vitigni minori, anche in virtù della loro resa produttiva non particolarmente abbondante, nella vinificazione di domani potrebbero avere una partecipazione più importante, come precisa l'agronomo, infatti: “In futuro queste varietà potrebbero rivelarsi preziose. Potremmo scoprire, ad esempio, che posseggono particolari caratteristiche di resistenza a possibili fitopatologie".
Quali sono dunque i vitigni autoctoni del territorio? Osserviamoli nel dettaglio.
Il Colorino
Il nostro viaggio alla scoperta dei vitigni toscani inizia con il Colorino. Questa varietà, che ha grappolo e bacche di piccole dimensioni, è considerata un vitigno poco succoso e, dunque poco produttivo, ma la sua peculiarità più importante è legata alla dimensione cromatica. Come indica il nome, infatti, il Colorino del Valdarno, selezionato tra la provincia di Siena e la provincia di Arezzo, si caratterizza per una polpa bianca e per una buccia densamente pigmentata: “Ecco perché - spiega il responsabile agronomico di Tenute del Cerro - viene impiegato in piccole percentuali per dare maggiore struttura, corpo e consistenza al Sangiovese o al Prugnolo Gentile.
Interessante il modo in cui le uve Colorino venivano lavorate tra fine '800 e i primi del '900: le bacche venivano raccolte e messe ad appassire, poi ultimati due step di fermentazione, i frutti appassiti venivano pigiati e uniti al Vino Nobile: in questo modo, rifermentando, rilasciavano polifenoli e antociani che conferivano al Sangiovese una struttura cromatica più decisa.
“Sebbene questa tecnica oggi non sia più praticata - precisa Fierli - il principio che ne è alla base resta inalterato: la vinificazione del Colorino avviene separatamente rispetto a quella del Sangiovese, poi l'enologo, dopo l'affinamento, decide la percentuale (di solito intorno al 5%) da inserire nel Vino Nobile, nel Cru Antica Chiusina o nella nostra Selezione Delle Pievi".
Il Foglia tonda
Esteticamente è molto simile al Sangiovese, ma l'analisi ampelografica, quella cioè che descrive il vitigno a partire dalla morfologia del grappolo, del portamento della foglia e delle sue internervature, rivela in modo inequivocabile le differenze. Come illustra Franco Fierli: “Si chiama Foglia tonda non a caso: gli apici delle lamine fogliari sono molto meno pronunciati rispetto a quelli che caratterizzano il Sangiovese e questo conferisce al fogliame una forma più arrotondata. Rispetto al Colorino, inoltre, il Foglia Tonda ha un acino un pò più grande ed è più succoso e produttivo".
Anche in questo caso l'alta concentrazione di polifenoli ne fa un ottimo elemento di completamento per il Sangiovese.
Il Mammolo
Il nome di questo vitigno richiama l'aroma di violetta tipico dei vini che lo contengono e che si caratterizzano per note morbide ed eleganti. Nel complesso il prodotto finale che si ricava dalle uve Mammolo ha un gusto sobrio ed equilibrato. Come ci spiega Fierli, infatti: “Non risulta mai troppo concentrato, mai troppo strutturato e si riconosce per l'inconfondibile raffinatezza di gusto e profumo". Il Mammolo è un vitigno normalmente impiegato in percentuali inferiori rispetto al Colorino.
Il Sangiovese
Ultima, ma non per importanza, la vera “star" del Vino Nobile: il Sangiovese, una varietà dalla doppia anima. “Questo pregiato vitigno - sottolinea infatti il responsabile agronomico - assume denominazioni diverse in base al territorio in cui viene coltivato e alla morfologia che assume. La varietà tipica dell'area di Montepulciano è nota come Prugnolo Gentile per la particolare forma della bacca che, in piena maturazione, tende ad allungarsi leggermente fino quasi ad assumere la forma di una piccola prugna. Le uve Sangiovese coltivate nel Chianti o a Montalcino, invece, si distinguono per la forma arrotondata degli acini".
La forte sapidità di questo vitigno deriva da suoli in cui l'argilla si mescola a tufo, sabbia e calcare. Il risultato è un prodotto finale estremamente fine e di grande longevità, che esprime sentori di prugna, ciliegia e mora a cui si somma l'impronta aromatica di vaniglia, legno e cacao lasciata dal legno di maturazione.
La sfida per il futuro: valorizzare i vitigni autoctoni minori in purezza
In alcuni casi i vitigni autoctoni minori, come il Colorino, possono esprimere al meglio le proprie caratteristiche in purezza, ecco perché Tenute del Cerro sta valutando la possibilità di valorizzare in modo diverso queste preziose varietà minori. “La sfida del futuro - conclude Franco Fierli - è legata allo sviluppo di nuove produzioni, magari dei Cru IGT, ottenuti dalla vinificazione di uve provenienti esclusivamente da un unico vitigno autoctono. L'azienda, infatti, sta monitorando con interesse alcune varietà che presto potrebbero essere alla base di nuovi Supertuscan in purezza".
In Toscana il ponte tra passato e futuro è un intreccio di vigneti e cantine che traducono le peculiarità del territorio in un prodotto unico e fortemente identitario. Il viaggio per conoscere questa terra così affascinante va compiuto tra i filari: voi siete pronti a partire?