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Classificazione del vino: la piramide della qualità e le eccellenze di Tenute del Cerro

In Italia il vino non è soltanto un prodotto d’eccellenza ma un patrimonio culturale che riflette la storia, la tradizione e le caratteristiche di una regione o di un territorio specifico. Per tutelarne l’autenticità e guidare i consumatori nella vasta scelta, il nostro Paese ha sviluppato un sistema di classificazioni ufficiali: le sigle IGT, DOC e DOCG – che avrete di certo visto sulle etichette – raccontano infatti tre diversi livelli di qualità e legame con il territorio. Ma quali sono le differenze? Conoscere il significato di queste sigle e la classificazione del vino è il primo passo per orientarsi tra le numerose bottiglie e per apprezzare fino in fondo la ricchezza del nostro vino.

La classificazione del vino: la piramide della qualità

La classificazione del vino è nata per garantire trasparenza e qualità, tutelando sia i produttori che i consumatori. Ogni denominazione stabilisce un diverso equilibrio tra libertà creativa, rispetto delle regole e radicamento nel territorio, andando così a creare una vera e propria “piramide della qualità”, in cui qualità e rigore produttivo crescono man mano che si sale verso l’alto. In particolare, la classificazione dei vini italiani è stata oggetto di significativi cambiamenti a partire dal 2008, con l’introduzione del Regolamento CE 479/2008, che ha l’obiettivo di semplificare e armonizzare le denominazioni di origine, allineandole alle normative europee.

La piramide italiana della qualità dei vini italiani prevede infatti:


  • alla base, i cosiddetti “Vini da Tavola”, ossia i vini senza indicazione geografica e prodotti senza specifici disciplinari di produzione; possono includere blend di uve diverse, ovviamente rientranti tra le categorie ammesse per la produzione di vino

  • seguiti poi, salendo progressivamente di livello, dai vini IGT, DOC e DOCG, che invece rappresentano le denominazioni di origine.


Nella nuova classificazione europea, i Vini da Tavola prendono invece il nome di Vini Generici, e parallelamente, sul gradino appena sopra della piramide è emersa una nuova categoria: i cosiddetti “vini varietali”.

I vini varietali

Introdotti appunto dalla normativa europea del 2008, i vini varietali si distinguono perché privilegiano il vitigno anziché l’area geografica. Non sono legati a una denominazione d’origine ma, a differenza dei vini generici, derivano da un vitigno prevalente, anche se privo di un forte radicamento territoriale. In etichetta, quindi, compaiono infatti uno o due nomi di uve, insieme all’annata, senza alcun richiamo a zone specifiche o a disciplinari territoriali. Questa tipologia rappresenta una scelta diretta e immediata, pensata soprattutto per i mercati internazionali, dove il consumatore riconosce con più facilità un vitigno, ad esempio come Merlot o Chardonnay, rispetto a una denominazione geografica.

La classificazione italiana: differenze tra IGT, DOC e DOCG

In Italia la tradizione enologica ha mantenuto le proprie denominazioni storiche, affiancandole alle menzioni comunitarie. Ognuna di queste sigle racconta un diverso livello di legame con il territorio, di controllo e di qualità: scopriamole nel dettaglio.

IGT: qual è il significato?

Dopo i vini da tavola, passiamo ora al secondo gradino della piramide della qualità, dove troviamo la sigla IGT che identifica l’Indicazione Geografica Tipica, quindi quei vini che hanno origine in una determinata area geografica, ampia e ben riconoscibile, ma senza vincoli troppo rigidi. Questo lascia ai produttori la possibilità di sperimentare e proporre interpretazioni personali, accostando vitigni autoctoni e internazionali.

Dopo il 2008, con l’allineamento alle normative europee, la sigla IGT è considerata una “menzione tradizionale”, sostituita ufficialmente dalla menzione comunitaria IGP (Indicazione Geografica Protetta). Tuttavia, la sigla IGT rimane una menzione ancora utilizzata in etichetta per ragioni storiche e comunicative.

DOC: Denominazione di Origine Controllata

Al terzo gradino della piramide di qualità italiana troviamo la DOC, sigla con cui si entra in un ambito più preciso e regolamentato. I vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC), dal 2008, rientrano all’interno della più ampia categoria europea delle Denominazioni di Origine Protetta (DOP), che ne tutela e certifica la qualità e il legame con il territorio. Ad ogni modo, ogni vino deve rispettare un disciplinare che stabilisce quali vitigni possono essere utilizzati, come devono essere coltivati e vinificati, quali rese sono ammesse e persino per quanto tempo il vino deve maturare prima di essere commercializzato. Il legame con il territorio diventa dunque più stretto, e il vino si fa portavoce di un’identità riconosciuta.

DOCG: Denominazione di Origine Controllata e Garantita

Arriviamo al vertice della piramide qualitativa: la DOCG rappresenta il livello più alto, che rientra sempre sotto l’ombrello legislativo europeo della DOP (Denominazione di Origine Protetta). Qui il legame con il territorio si unisce a un sistema di controlli ancora più rigoroso: ogni partita di vino deve essere analizzata e degustata da una commissione ufficiale prima di ricevere l’autorizzazione alla vendita. Le bottiglie sono inoltre sigillate con un contrassegno numerato dallo Stato, a ulteriore garanzia di autenticità.

La differenza tra DOC e DOCG risiede dunque nella severità dei requisiti, nella resa più bassa delle uve e nella longevità che il vino deve dimostrare. Infatti, per accedere alla DOCG è richiesta una documentata storia qualitativa e produttiva: di norma la denominazione viene riconosciuta solo dopo un periodo prolungato di certificazione e consolidamento come DOC e a seguito di valutazioni tecniche e amministrative (decreti e disciplinari nazionali), ma la durata esatta del periodo richiesto varia in base all’iter formale previsto per la specifica produzione.

Dalle IGT alle DOCG: il patrimonio enologico di Tenute del Cerro

Le nostre etichette incarnano la ricchezza e la varietà della classificazione italiana: quasi tutti i vini appartengono alle categorie IGT, DOC o DOCG, a testimonianza di un legame profondo con il territorio e di una ricerca costante della qualità. Tra le DOCG spiccano il celebre Vino Nobile di Montepulciano DOCG, elegante e longevo, e lo storico Brunello di Montalcino, entrambi due ambasciatori indiscussi della grande tradizione enologica toscana e fiori all’occhiello della Fattoria del Cerro e La Poderina. Impossibile non nominare anche il Sacer Montefalco Sagrantino e Ò di Còlpetrone Montefalco Sagrantino, due vini DOCG umbri della cantina di Colpetrone dal colore e struttura inconfondibili, simboli della forza espressiva di questo pregiatissimo vitigno autoctono. Sul versante delle DOC, troviamo il Rosso di Montepulciano, fresco e versatile, o un Rosso di Montalcino, che porta con sé la tipicità toscana. A fianco di queste denominazioni, le etichette IGT raccontano la libertà creativa dei produttori, dando vita a rossi e bianchi che uniscono vitigni autoctoni e internazionali: da citare, il Grechetto Umbria IGT, o il Pian di Seta Vermentino di Toscana, o il Saccr Umbria Rosso. Ogni bottiglia diventa così ambasciatrice di una terra, di una tradizione e dell’arte di vinificare che distingue le Tenute del Cerro.

Còlpetrone

Fondata nel 1995 con la costruzione della Cantina attuale, è una delle più importanti realtà produttive del comprensorio della DOCG di Montefalco.

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