Arrivare alla Tenuta di Monterufoli, nel cuore della Val di Cornia, in Toscana, è solo l'inizio di un lungo viaggio. Da fare preferibilmente a piedi o accompagnati da un potente “fuoristrada" capace di affrontare sali e scendi ruvidi e insidiosi. Per gli appassionati del trekking e delle camminate nella natura incontaminata, i sentieri che ti guidano nell'escursione sono un autentico paradiso. Strade e viottoli sterrati che per lo più corrono lungo il tracciato di quella che dal 1878 al 1928 era l'antica ferrovia lignitifera che collegava Casino di Terra a Monterufoli.
In mezzo a tutto questo la Cava dei bianchi con le preziose pietre di calcedonio, ma anche cascate d'acqua e i diciassette ponti fantasma sui quali correva il treno.
Ma andiamo per ordine, facciamo un passo indietro e partiamo dall'inizio. Ad accompagnarci nel viaggio è colui che da trent'anni vive in questa Riserva naturale e ne conosce ogni più recondito segreto, vale a dire Gabriele Macelloni, agronomo e responsabile della stessa Tenuta di Monterufoli da dove inizia la nostra escursione.
La Tenuta, ricavata dalla vecchia stazione ferroviaria, è oggi un importante complesso turistico ricettivo dove a regnare è la pace, il buon vino e i piatti a chilometro zero della cucina locale. Il tutto incastonato all'interno di oltre mille ettari di boschi e vigneti dai quali si produce il Sangiovese “Poggio Miniera" e il Vermentino “Pian di Seta". Prima tappa del trekking è la cava di calcedonio, che qui veniva estratto già nel 1500, quando - come si trova in letteratura - “il granduca Ferdinando I° e la potente famiglia dei Medici, nell'ambito dello sviluppo del manierismo e di una politica artistica della Toscana, lanciarono l'iniziativa riguardante la lavorazione delle pietre dure, per la realizzazione dei più svariati oggetti preziosi, cammei, gioielli e soprattutto intarsi di elementi architettonici". “Il complesso di Monterufoli - narra la storia - diventò il maggior fornitore di calcedonio che venisse lavorato dall'Opificio delle Pietre Dure, fondato a Livorno nel 1540 e successivamente trasferito a Firenze nel 1588". Frammenti più o meno grandi di calcedonio sono facilmente reperibili a ridosso della cava, sfoggiando colorazioni meravigliose.
A rendere tutto più suggestivo è il panorama mozzafiato che si apre agli occhi. Panorama che viene poi attraversato per raggiungere i ponti fantasma. Ma prima c'è il tempo di fermarsi ad ammirare cascate e sorgenti naturali: un altro elemento vivo della Tenuta di Monterufoli è l'acqua che, in alcuni tratti, disegna il terreno con rivoli e ruscelli. Preziosi per lupi, volpi, caprioli, cinghiali e una varietà incredibile di uccelli che popolano la riserva e che si possono ammirare con un po' di fortuna. Ed è seguendo l'acqua che si arriva al vecchio tracciato della ferrovia lignitifera, ribattezzato l'anello dei ponti fantasma. In origine erano diciassette, sono rimasti quattro o cinque e sono pesantemente segnati dal tempo. Il più spettacolare è il cosiddetto ponte alto, che si staglia tra la vegetazione imponente. Lo si raggiunge arrampicandosi su una collina, per poi scendere giù fino al torrente che lentamente attraversa il ponte. Il tutto viene impreziosito dal profumo delle piante e dai colori sgargianti di libellule e farfalle.
L'ultima tappa, prima di ritornare in stazione - pardon alla Tenuta - è la trincea scavata tra due ali di rocce imponenti in cui passavano, appunto, i treni. Qui la mano dell'uomo è evidente e passarci in mezzo si ha la sensazione che quella ferrovia sia ancora in funzione. Il vento che si incanala nella trincea sembra annunciare l'imminente arrivo del treno. Quello che ti portava in stazione e che oggi ti conduce invece direttamente ai tavoli del ristorante della Tenuta. Ad accoglierti c'è lo chef Gabriele Rosini e qui inizia un'altra storia fatta di gusto e prelibatezze che meritano un capitolo a parte.